Renovating for the future
Questa é una foto presa nella rampa di accesso della stazione metro Louise, lei è una delle centinaia di mendicanti che popolano Bruxelles, capitale del Belgio e d’Europa. Renovating for the future c’é scritto sulla sua schiena e c’è scritto anche nel dna di questa città che tanti italiani come me si attendevano più efficiente, civile, meno abbandonata a se stessa e ai ghetti che la contraddistinguono. Le parole d’ordine qui sono: integrazione, tolleranza, apertura alla multi-cultura, multi-etnia. Di contro quando si passeggia per le strade di integrazione se ne vede ben poca. Ci sono i quartieri buoni, quelli popolati dagli expat francesi, italiani, spagnoli etc. nella quasi totalità occupati nelle istituzioni europee, eccellenti stipendi che fanno vita a sé nelle loro belle case dei quartieri bene dove i musulmani non ci sono o quasi. Dall’altro lato ci sono almeno sette dei 19 comuni di Bruxelles Capitale, i più popolati, con un alto tasso di disoccupati e gente che vive sotto la soglia della povertà, guarda caso itinerario dei vari spostamenti della latitanza di 4 mesi del famoso Salah Abdeslam, a forte connotazione musulmana.
In questo contesto così spaccato in due si vive in una città dove si parlano due lingue, ma solo nella teoria: non ci troviamo in un paese bilingue ma in un paese dove i francofoni parlano francese e i fiamminghi parlano olandese, raramente tra loro tranne pochi fenomeni paranormali. Unione unione e ancora unione, dopo i fatti tragici di martedì tutti i leader belgi ed europei ci invitano all’essere uniti. Sarebbe il caso allora, visto che l’esempio deve arrivare sempre dall’alto, che come capitale europea sede delle istituzioni europee si scegliesse un altra città, un altro palcoscenico, emblema dell’integrazione e non della ghettizzazione.
Je m’excuse pour mon amertume mais ça c’est la Belgique.