Un abbraccio inaspettato
1 gennaio 2019, aeroporto di Fiumicino Sono circa le 9 di sera, e noi stiamo aspettando che il nastro ci consegni i nostri bagagli, siamo un po’ stanchi e proviamo la tipica tristezza da ultimo giorno di feste natalizie. Intorno a noi il classico via vai dell’aeroporto, con quel “caos calmo” che mi piace tanto, nel quale migliaia di persone si incontrano, ognuna con la propria storia, per non vedersi più un attimo dopo. A pochi passi da me, mi cade l’occhio su una signora che sta piangendo sommessamente. La guardo e lei mi fa un gesto col braccio come a richiamare la mia attenzione. Mi avvicino e le chiedo:” Cosa è successo signora, perché piange”?“Mio figlio è morto”. Quattro parole, secche, senza aggiungere altre spiegazioni, che mi ripete un’altra volta:” Mio figlio è morto”. Rimango attonito, non so che dire, chiedo quando è successo, provo a farle qualche domanda per capirci qualcosa in più. Mi dice solo che l’ha appena saputo per telefono, era in vacanza e ora è appena atterrata a Fiumicino per tornare a casa a Roma. Continua a piangere, la raggiunge il marito, che le dice:” Andiamo, il taxi è arrivato”.La signora si alza, ci salutiamo, ma prima di lasciarci ci abbracciamo: un lungo e forte abbraccio. Lei mi fa sentire tutta la sua sofferenza di mamma, io cerco di farle sentire un po’ della mia umanità. Piango con lei, piango con una persona che fino a 5 minuti fa non conoscevo e che fra altri 5 minuti non rivedrò mai più. Eppure mi sento vicino a lei in maniera naturale. Si allontana insieme al marito. Mi giro per guardarla andar via con la sua tragedia nel cuore. Ho un groppo alla gola, forse all’anima.