Il fantasma della prevenzione sismica
Domani 6 aprile è il 12° anniversario del terremoto dell’Aquila, 309 morti e “ricostruzione” ancora in corso. E’ una data che non si dimentica per chi l’ha vissuta e in questa ricorrenza vorrei raccontare una storia.
La storia che racconto è quella di un fantasma, la prevenzione sismica. E’ un fantasma perché anche se è apparso fin dai terremoti di Messina del 1908 e di Avezzano del 1915, con documenti, discussioni e programmi, non si è mai materializzato compiutamente. Non sono riusciti in questa impresa neanche i più recenti terremoti, L’Aquila 2009, Emilia Romagna 2012, centro Italia 2016/17. E’ una memoria storica cortissima che si perde in pochissimo tempo salvo riapparire fugacemente con un nuovo terremoto, il fantasma si appalesa, riesce magari a balbettare qualcosa salvo scomparire di nuovo subito dopo.
Oggi sono all’attenzione di tutte le forze politiche oggi tre emergenze condivise da tutti: sanitaria, sociale ed economica. A nessuno è venuta in mente la quarta emergenza nonostante sia uan presenza costante nella storia del nostro Paese ma che è sempre stata ignorata: l’emergenza sismica. Continua ad essere un fantasma.
La prevenzione sismica è sempre stata ed è la grande assente in tutti programmi governativi passati e recenti, anche nel Next Generation EU.
Eppure mediamente ogni 5-6 anni si verifica un terremoto distruttivo in Italia. Senza andare alla prima metà del secolo scorso basta ricordare Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Italia centrale 1984, Umbria Marche 1997, Molise-Puglia 2002, L’Aquila 2009, Emilia-Lombardia-Veneto 2012, Italia centrale 2016/17. Per questi terremoti, oltre alla perdita di vite umane che non ha prezzo, sono stati spesi, a costi attualizzati, circa 122 miliardi (stima Mediobanca 2016) con i quali si sarebbe potuto mettere in sicurezza tutto il patrimonio edilizio italiano in zona sismica. E’ quindi evidente che intervenire prima significa non solo salvare vite umane ma anche spendere molto meno rispetto ai costi di ricostruzione.
Ma nonostante questi dati eclatanti un’incomprensibile perdita di memoria storica impedisce ancora oggi di attuare una seria, costante e sistematica politica di prevenzione secondo priorità definite e ben note. I terremoti non si possono prevedere (predire) ma si possono prevenire i loro effetti con una seria politica di prevenzione.
Da un po’ di tempo si fa un gran parlare dei borghi, spesso a sproposito, verso i quali è improvvisamente cresciuto un rinnovato interesse anche a seguito della pandemia, ma proprio il patrimonio storico architettonico, tipico dei borghi e dei centri storici minori, che rappresenta la vera ricchezza dell’Italia, è quello più vulnerabile e quindi a maggior rischio insieme a quello del periodo del boom italiano del dopoguerra.
Si dirà ma ora abbiamo il SupeEcoSismabonus 110%. Purtroppo questo strumento per come è stato concepito, non risponde affatto a questa impellente necessità di prevenzione ma, pur nelle buone intenzioni, risponde solo a un presunto rilancio del settore edilizio:
- é indifferente alla pericolosità del territorio nel momento in cui abilita al bonus anche le Zone 3 (bassa sismicità) che contano quanto la somma delle Zone 1 (alta sismicità) e delle Zone 2 (media sismicità); ed ecco che paradossalmente Milano (Zona 3) “vale” quanto Catania (Zona 1) una delle città a maggior rischio sismico d’Italia dove ci si aspettano oltre 160.000 morti;
- è totalmente casuale nella distribuzione delle domande e quindi degli interventi, le zone più “attrezzate,” che sono quelle a minor rischio, sottrarranno risorse a quelle a maggior rischio quasi tutte situate al centro sud e lungo l’arco appenninico;
- ha un limite di applicazione temporale – circa 2 anni – assolutamente insufficiente mentre dovrebbe diventare un intervento strutturale e pluriennale – almeno 20 anni;
- non garantisce la qualità e l’efficacia degli interventi non essendo previsto un adeguato sistema di controlli specie in corso d’opera, affermare che sono sufficienti le norme esistenti è un assunto che non trova alcun riscontro nella realtà;
- può funzionare per gli edifici singoli ma non può funzionare per i borghi e i centri storici per la particolare conformazione urbanistica, morfologica e tipologica del costruito;
- non garantisce la conservazione delle caratteristiche storico architettoniche limitando ai soli edifici vincolati il necessario controllo delle Soprintendenze; si rischia seriamente che questo strumento possa aprire la strada a una deregulation generalizzata che potrebbe compromettere il nostro patrimonio storico anche per alcuni interventi realizzabili con l’Ecobonus quali il cappotto e i pannelli solari sulle coperture ai quali sarebbe necessario trovare alternative che pure esistono;
- non ha senso, come potrebbe accadere, utilizzare l’Ecobonus senza utilizzare prima o contestualmente anche il Sisma bonus almeno nelle zone a maggior rischio sismico; spendere per l’efficientamento energetico di un edificio che potrebbe crollare al primo terremoto significa solo disperdere le risorse, sarebbe come restaurare un ciclo di affreschi – il contenuto – senza preoccuparsi di migliorare sismicamente il contenente – la chiesa – al primo terremoto significativo crollerà la chiesa e andrà perduto anche il ciclo di affreschi.
Supponiamo ad esempio che in centro storico di 200 edifici, che sono sempre organizzati per aggregati strutturali, vengano presentate 20 domande – 10% che in senso assoluto non è poco – relative ad altrettanti edifici situati all’interno di aggregati strutturali. In questo caso il sisma bonus sarebbe assolutamente inefficace anche per gli stessi 20 edifici per i quali si riuscisse a realizzare l’intervento. Infatti in caso di terremoto l’alta vulnerabilità degli edifici contermini comprometterebbe anche quelli migliorati sismicamente e, a livello complessivo, il risultato sarebbe solo un mero spreco di risorse.
Una volta consapevoli delle problematiche basterebbe poco per trasformare il SismaBonus da mero strumento fiscale e di incentivo al rilancio dell’edilizia, in uno strumento efficace per avviare finalmente una seria politica di prevenzione in Italia e la Next Generation EU rappresenta probabilmente l’ultima occasione utile, altrimenti dovremo rassegnarci ancora una volta a contare morti, feriti e distruzione al prossimo terremoto che ci aspetta domani.