Bruxelles, la bambina e il soldato
Oggi ho calpestato un territorio prossimo alla paura.
È inutile riempirvi di particolari sugli attentati di Bruxelles. Sarete tutti già angosciati da quanto riportato dai media che, ormai, non lasciano il minimo spazio all’immaginazione. È tutto lì, a portata di clic: immagini, video, audio, interviste post-esplosione. Che non fai in tempo a tamponarti il sangue che c’è già chi ti porge un microfono…
È utile però che io vi mostri una fotografia che sono riuscito a scattare dopo l’atterraggio d’emergenza all’aeroporto di Bruxelles Charleroi. Perché in questo scatto ho beneficiato del caso, riuscendo a penetrare il significato della presenza umana in certe particolari situazioni.
In questo scatto c’è tutto quel che accade in questo mondo così caotico e senza regole. Una fotografia, credo, nella quale lo sguardo puntiglioso di una piccola bambina fa uscire l’accadimento odierno da se stesso e lo porta al livello della testimonianza.
Ero lì. Ed ho colto il paradosso: lei, indiscreta, piccola, indifesa, che tiene per mano il suo orsacchiotto di peluche. Sfugge per un attimo alla protezione del padre e getta uno sguardo a lui, grande e grosso , che imbraccia un’arma spaventosa.
E oggi, mi chiedo chi dei due sia più potente, più forte.
Lui fermo, con i piedi ben saldi a terra, cauto e circospetto come tutti noi.
Oppure lei, che con i suoi piccoli passi va a prendersi, curiosa, il proprio futuro. Quello che stanno provando a toglierci giorno dopo giorno.
Buon riposo a chi non c’è più…
Antonio Errigo