Einstein e Freud: riflessioni sulla guerra

Durante un’estate del luglio del 1932 la Società delle Nazioni, per conto del suo “Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale” di Parigi, decise di convocare le personalità più di spicco del panorama intellettuale di quel periodo. L’argomento su cui questi intellettuali furono chiamati a riflettere, riguardava le cause più profonde che in tutti questi millenni hanno portato gli uomini a fare la guerra contro i loro stessi simili. L’invito venne rivolto anche all’allora Premio Nobel per la fisica Albert Einstein, il quale ritenne opportuno confrontarsi su quest’argomento con qualcuno che poteva aiutarlo a districarsi in questo tanto complesso, ma allo stesso tempo affascinante, argomento. Fu così che il fisico pensò di iniziare un carteggio con il grande psicanalista e neurologo Sigmund Freud. La corrispondenza tra i due si apre con una una prima domanda posta da Einstein e rivolta a Freud:“ C’è un modo di liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?” Una domanda tanto semplice ma allo stesso tempo molto complessa.

Ad ogni modo, Einstein era consapevole del limite che il suo campo di studio aveva per potere indagare quella parte più recondita dell’animo umano. Il premio Nobel rifletté riguardo la debolezza della classe dominante dei singoli Stati, di limitare volontariamente la propria bramosia: era sicuro che la soluzione migliore fosse quella di cedere parte della loro autorità ad un istituto sovranazionale, che avesse dei poteri legislativi e giudiziari. Forse l’unica soluzione possibile per evitare l’abuso di potere delle singole nazioni che, in un futuro non tanto lontano, avrebbe potuto nuovamente rappresentare una possibile minaccia di guerra per l’umanità.

Freud dall’altra parte colse l’invito del fisico con molta curiosità. Anche lui era profondamente consapevole della responsabilità morale che si assumeva nel trattare questo argomento.

Freud riconosce l’esistenza in ogni uomo di istinti violenti che spesso prendono il sopravvento sulla razionalità. La lotta perenne tra “Eros” e “Thanatos”, lo spirito di vita contro quello di morte, nonché il principale responsabile di ogni guerra.

Questa lettera ci è ancora utile a distanza di ottant’anni per riflettere seriamente su ciò che di terribile sta accadendo adesso.

Sono passati quasi due anni dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina: una folle guerra fratricida tra due popoli che in parte condividono la stessa lingua e cultura. Inoltre, ci ritroviamo impotenti spettatori di un insaziabile sete di vendetta di Israele nei confronti del popolo Palestinese, vittima di una brutale volontà di sterminio dove si fa sempre più fatica a tollerare i morti, soprattutto perché a morire sono per lo più bambini e donne. Fino adesso non sembra esserci stata alcuna sincera e concreta cooperazione tra gli Stati per porre fine a queste guerre. Sembra che la stessa ONU oramai stia a poco a poco perdendo il fondamentale ruolo di mediatore per giungere ad una soluzione di pace.

Alcuni esperti credono che l’elezione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti possa rappresentare un risvolto positivo per il cessare di queste ostilità. Anche la minaccia in queste ultime settimane dell’utilizzo di armi nucleari come “ultima Armageddon” non sembra sortire alcun effetto nei confronti dei leader, protagonisti indiscussi di queste atrocità. Il carteggio tra queste due menti illuminate si chiude con un’ultima battuta di Freud, che afferma:” Tutto ciò che promuove l’evoluzione civile lavora anche contro la guerra”. Freud in sostanza ci pone la soluzione alla prima domanda, adesso tocca a ognuno di noi fare la propria parte.

Miriam Millaci