Per chi ama (veramente) l’Europa.
Di Elena Basile ho imparato ad apprezzare e condividere le (eretiche) analisi che sa esprimere nell’ambito della politica internazionale; nelle discussioni ammiro la risolutezza con cui sa sedersi sulla seggiola più scomoda. È quindi più per una questione di istintiva stima personale verso l’ex Ambasciatrice d’Italia in Belgio che ho deciso di leggere il suo ultimo libro, dal quale tuttavia – chissà perché – non mi aspettavo troppo.
“Frammenti di Bruxelles” (Sandro Teti editore, 2024) si è invece rivelato una lettura sorprendente: una raccolta di dieci racconti capaci di restituire, per frammenti, il battito più autentico di una città e delle vite che la abitano.
La scrittura, piacevole e mai superficiale, ci accompagna tra i luoghi di una città cosmopolita: dalle atmosfere dei laghetti di Ixelles al quartiere europeo, dalle stradine attorno alla Grand Place all’Avenue Louise, fino a Molenbeek.
Emergono microcosmi diversi: una decadente aristocrazia che talvolta, quasi grottescamente, cerca di accreditarsi presso una burocrazia politica e culturale ingabbiata da lobby e massonerie, e che ha smarrito le vie ideali un tempo tracciate dal liberalismo e dal socialismo europeo. Microcosmi animati da giovani stagisti che nel “le plat pays qui est le mien” (Brel) vivono, si perdono e irragionevolmente s’innamorano. Di donne, soprattutto donne: borghesi o reiette, disconnesse o avviluppate al reale al punto da morirne nell’anima o finanche nel corpo per eccessivo desiderio di libertà. O che magari spariscono, come Klara, in un puff che non vogliamo vedere. Microcosmi che diventano approdi per chi, come Said, Aesmer e Nabil, ha bisogno di un nuovo mondo nel quale portare il msemen, la babaganoush e il baklava di nonna Aiza.
E poco importa se a volte da questa città sembra avere più senso andarsene: Antonio (il Dottore) si era illuso che alcuni potessero fare la differenza. “…C’è poco da fare invece. I giochi sono già fatti. Troppi gli interessi, le speculazioni. L’intera politica utilizza ‘sti poveri cristi per far paura alla gente e incassare voti”. Così se ne torna a Lampedusa, dove “non c’è traccia della strada, ci siam persi, che facciamo?” (Puškin). Eppure, è dal sogno europeo, da Bruxelles, che occorrerà comunque ripartire.