Il Presidente
Anche la nostra Costituzione – promulgata il primo gennaio 1948 – è soggetta all’evolversi dei rapporti di forza tra le classi sociali. Fortunatamente per noi è stata protetta dai capricci della storia, la quale può riservarci la sorpresa di regalarci Parlamenti farlocchi, eletti con regole pensate per consolidare il potere decisionale nelle mani degli stati maggiori dei partiti. L’esperienza ci ha insegnato che la parte sociale avvantaggiata da maggior ricchezza, sa che deve investire le proprie risorse in favore di quelle forze politiche che sono in grado di assicurare loro sempre maggiori vantaggi; anche se a scapito degli interessi della nazione, quali sono il lavoro e la sua dignità, la solidarietà, la pace.
D’altro canto, ciò è confermato dal fatto che in occidente la ricchezza delle nazioni va concentrandosi nelle tasche di un numero sempre più decrescente di persone. L’informazione oggi ci dice che l’1% della popolazione detiene il 90% della ricchezza nazionale.
Dagli studi di Costatino Mortati (studioso, membro dell’Assemblea Costituente) emerge che “la Costituzione va intesa come sorgente del diritto, da cui discendono le altre leggi”.
Tuttavia, per lo studioso, tale approccio appare meramente “accademico” perché i rapporti di forza tra le classi sociali non sono statici.
L’evoluzione dei rapporti di potere porta gradatamente ad uno scollamento tra la legge scritta e quella concretamente “vivente” (che è tutta a favore della classe sociale dominante, ndr).
Il progressivo scollamento tra la costituzione scritta e quella applicata può portare a situazioni catastrofiche (!) perché quando le forze in campo cambiano c’è la naturale tendenza a consolidare la costituzione materiale consacrandola per iscritto.
Non deve sfuggire la prassi secondo la quale, molte leggi ordinarie codificano i sopracitati nuovi rapporti di potere (riforma del lavoro, sull’impegno delle forze armate per azioni di guerra in terra d’altri – art.1 -, pretesa liberalizzazione dai vincoli imposti dalla Costituzione all’iniziativa economica –art.41-, ecc) senza nemmeno citarla. Come non rilevare che un numero scandaloso di leggi siano state dichiarate incostituzionali dalla Corte, senza che il Presidente della Repubblica avesse mosso alcun rilievo al Parlamento, e nonostante alcuni sui membri siano stati oggetto di scandalo nell’opinione pubblica quando fu scoperto che cenavano col Presidente del Consiglio dei Ministri, che all’epoca dei fatti era il diretto interessato del nullaosta della Corte per le leggi contestate?
Talvolta anche la giurisprudenza entra in campo per “interpretare” le leggi esistenti secondo i nuovi rapporti di potere che si vanno configurando. Nonostante che le leggi, la Costituzione, prima tra tutte, vadano applicate e non interpretate! Non solo, ma abbiamo dovuto assistere inermi anche all’approvazione di leggi in evidente violazione dei vincoli imposti dalla Costituzione (cfr artt. 70-82, 87,138).
L’insieme di nuove leggi, di nuova giurisprudenza, di atti dell’esecutivo, si possono configurare come una organizzazione di fatto dello Stato, regolato cioè da una “Costituzione Materiale”, che ha preso il sopravvento su quella scritta.
Ai fiancheggiatori della “Costituzione Materiale” andrebbero aggiunte anche le parti sociali coinvolte, che talvolta, a seconda delle convenienze contingenti, si regolano in base alla direzione del vento; assecondano i cambiamenti del potere reale e, se del caso, acconsentono, o fingono di protestare (ad esempio: i sindacati).
In questo quadro, abbastanza realistico, la Costituzione non è madre di tutte le leggi ma figlia dello stato di fatto, e la classe sociale dei lavoratori ai quali garantiva dignità e sviluppo, resta incapace di opporsi.