Per favore fate sapere a tutti, ma soprattutto ai medici, che il trapianto è vita
Lettera di un figlio
Due centri importanti nazionali hanno spedito a casa mia madre con le cure palliative come paziente terminale.
Ma chirurghi coraggiosi le hanno salvato la vita quando per gli altri non c’era nulla da fare. Tutto messo nero su bianco.
Già dieci anni fa un medico a Salerno mi disse che mia madre era troppo anziana per essere trapiantata di fegato.
Era un epatologo, lei aveva 64 anni, affetta da una malattia autoimmune: la colangite biliare primitiva, che le ha distrutto il fegato.
Dieci anni di cure a Milano, dove è stata sempre assistita con professionalità e umanità. Poi però, per loro, era arrivata la fine.
Spedita a casa con cure palliative come paziente terminale.
Un altro centro, noto a tutti, a Roma, ha confermato il verdetto.
Per nostra fortuna, tramite internet abbiamo scoperto che al Centro Trapianti di Modena ci sono chirurghi coraggiosi.
Increduli sul perché mia madre, in quelle condizioni, non fosse nelle liste trapianto. All’età di 74 anni – dieci anni dopo il primo “no” –
l’hanno trapiantata in extremis e con urgenza.
Per noi, un miracolo.
Ora vorremmo che tutti quelli che sono nelle stesse condizioni di mia madre, ma anche in condizioni migliori,
in qualunque parte d’Italia, non siano spediti a casa senza speranza.
Per favore fate sapere alle persone – ma soprattutto ai medici – che il trapianto è vita.
E che sulla possibilità che possa essere prima istruito e poi compiuto,
si pronuncino solo coloro che i trapianti li eseguono ogni giorno.
Rispetto alle cui capacità e possibilità, anche medici epatologi non sono sempre aggiornati.
E questo può costare la vita.
Infinitamente grazie al Centro Trapianti di Modena.