La maratona delle donne per il Governo del Paese
Negli anni ‘60 le donne non erano ammesse a partecipare alle maratone perché giudicate inadatte a correre lunghe distanze.
Kathrine Switzer non la pensava così. Partecipò alla Boston Marathon scatenando un autentico putiferio: una battaglia di spintoni.
Kathrine arrivò al traguardo e fu la prima donna che corse la Bosthon Marathon in 4 ore e 20 minuti. Fatto che è passato alla storia perché rovesciò l’ordine maschile di questo evento e del mondo sportivo in generale.
Kathrine non vinse quella corsa, ma arrivando a quel traguardo trasmise al mondo che lei, donna, non era irrilevante, anzi, in grado di cambiare il potere consolidato. Partendo da sé ha fatto una cosa buona per tutte le donne del mondo.
Come Kathrine e la sua corsa alla Maratona di Boston, parto da me.
La passione per la Politica, il desiderio incessante di migliorare il mondo. Un cammino lungo che mi ha portata in Parlamento. La possibilità che mi è stata data, al Dipartimento per le Pari Opportunità, di conoscere e avvicinarmi ancora di più al mondo delle donne. Un’occasione straordinaria.
Guardare il mondo dal punto di vista delle donne fa scoprire nuove cose, apre prospettive insospettabili, ci porta ad avere una coscienza differente rispetto al passato.
La politica è dei maschi e il loro dominio si impone. Le priorità sono quelle del capo di turno, le decisioni prese fra pochi di loro, lo sbeffeggiamento e l’umiliazione pratiche normali.
Le donne ? Sono una risorsa, devono essere riconosciute. Si apre per noi, la stagione della presenza delle donne ai vertici delle aziende pubbliche e la parità nel Governo del Paese.
Le donne si trovano di fronte ad una grande sfida: accontentarsi dell’esaltazione dell’immagine femminile ma rimanere irrilevanti, oppure liberarsi dalla complicità profonda con il potere maschile e governare con la nostra testa.
Non tollerando più il disequilibrio di quel dominio, come Kathrine lancio una sfida. Inizio un percorso nuovo, con la convinzione, che quel gesto di rottura potesse diventare una possibilità per recuperare quell’equilibrio perduto.
Un percorso nuovo, fuori da ogni appartenenza se non quella di essere una donna, con la sua testa ed il suo sguardo. Nulla più.
Ho fallito, Non sono riuscita a trasformare il mio disagio e la mia volontà di cambiamento in una riflessione comune . La responsabilità maggiore è quella di non aver ascoltato, di non aver ricercato l’incontro con le donne. É rimasta una questione chiusa dentro ad un microcosmo irrilevante.
Penso che il mio fallimento sia lo stesso fallimento di molte donne nella politica e nelle istituzioni. Siamo rimaste complici del dominio maschile fallocratico, abbiamo scelto l’esaltazione dell’immagine.
Noi siamo irrilevanti, troppo spesso silenziose, come se quel silenzio fosse la chiave della riuscita.
Nessuna voce di donna autorevole interviene sulle scelte che si stanno delineando sul governo del Paese, nessuna volontà di arrivare alla leadership, nessuna alleanza tra noi, neanche per contrastare il meccanismo infernale delle pluricandidature, che ci ha penalizzate nella presenza e nella possibilità di costruire un fronte coraggioso in grado di incidere nelle scelte strategiche.
La critica più forte è per la “Sinistra”. Siamo escluse, di noi non c’è traccia. Ci accontentiamo delle briciole, quando ci sono. Le passeggiate verso il Quirinale sono tutte maschili, i maggiori incarichi di responsabilità sono solo per maschi, le dispute per le leadership dei partiti, vecchi o nuovi sono tra maschi, la presenza delle donne nei gruppi parlamentari è peggiore rispetto al CentroDestra ed al Movimento 5 Stelle.
Stiamo disperdendo un patrimonio accumulato in anni di lotta delle donne. Figure protagoniste della politica recente si sono dissolte. Donne che, con scelte condivisibili o meno, hanno inciso nella scena politica e per questo hanno subito attacchi mediatici senza precedenti. Penso a Laura Boldrini, Maria Elena Boschi, Valeria Fedeli e Marianna Madia. Penso a Federica Mogherini che di fronte ai 100 missili lanciati sulla Siria, non riesce a pronunciare parole ferme e chiare contro la guerra. A lei dobbiamo molto. La ratifica della Convenzione di Istanbul é frutto del suo impegno e del suo lavoro.
L’ appello promosso da un gruppo di donne del Partito Democratico rischia di rimanere un confronto chiuso in una società sempre più chiusa. Proviamo ad uscire dagli steccati identitari e promuovere una fase di dialogo con tutte le donne, per conoscere cosa desiderano.
Per questo penso che a noi rimanga una sola cosa da fare. Dire no ad un governo che: demolisce la 194, ha un’immagine di donna che stira la camicia del compagno, riapre le case chiuse e legittima una pratica politica che ha indotto il Parlamento Italiano a sancire il fatto che Ruby fosse la nipote di Mubarak.
Dobbiamo cercare con ossessione l’incontro e l’alleanza tra le donne, senza barriere. Da Potere al Popolo al Movimento Cinque Stelle.
Un luogo di riflessione collettiva sui nostri vissuti personali e politici, di spostamento radicale della prospettiva, di strategia di governo.
Noi dobbiamo governare il Paese.
Scrive Carla Lonzi “sono nata donna, non ho da pensare ad altro”.
Non pensiamo ad altro, partiamo da noi e saremo un Paese migliore