Referendum, chi avrà vantaggio nel deturpare una delle Costituzioni più belle del mondo?
Quello del 4 dicembre non è un referendum su Matteo Renzi, ma è sicuramente il referendum più importante della nostra storia, paragonabile solo a quello del 1946.
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1. – PREMESSA – IN RISPOSTA AGLI SLOGAN, tra i quali si ricordano in ordine sparso e senza pretesa di esaustività:
– “sapete solo dire #NO a tutto”, dimenticando che quelli del #SI, stanno dicendo NO a una delle Costituzioni più belle del mondo;
– “il SI è un argine contro i Trump d’Europa, contro il fascismo, il populismo e lo squadrismo”, dimenticando che proprio questa #Costituzione antifascista ci ha consentito di arginarli per circa 70 anni;
– “il SI ci consentirà di uscire dalla crisi”, dimenticando che questa Costituzione era già in vigore durante il c.d. “miracolo economico italiano” degli anni ’50 – ’70 e che non ci ha impedito di diventare la quarta potenza economica mondiale nel 1991 (fonte: http://bit.ly/2fWfkL7), per cui non esiste alcuna relazione tra una crisi economica e la Costituzione del 1948;
– “si deve votare SI perché, anche se la riforma è imperfetta, è comunque un cambiamento”, dimenticando che a volte si può anche finire per cambiare in peggio. Personalmente, se avessi accanto Monica Bellucci non la mollerei per chiunque altra, solo perché “Bisogna cambiare”;
– “il vostro è solo un NO contro #Renzi”, dimenticando che dall’altra parte c’è solo un SI contro tutti gli altri;
– “voto SI perché non voglio che il mio voto venga accostato a quelli di Salvini, D’Alema, Grillo, Berlusconi, Brunetta, Vendola, Landini e Civati”, dimenticando che loro stessi lo stanno accostando alle figure di Verdini, Angelino Alfano, De Luca, Merkel, JP Morgan, Confindustria, Fabrizio Cicchitto, Marchionne, Rondolino, Giuliano Ferrara, Ennio Doris, Giorgio Napolitano, Fedele Confalonieri e Gigi D’Alessio;
– ancora, “voto SI perché non voglio che il mio voto venga accostato a quelli di Salvini, D’Alema, Grillo, Berlusconi, Brunetta, Vendola, Landini e Civati”, dimenticando che la Costituzione non è un regolamento di condominio, ma è la legge fondamentale dello Stato in cui tutti, persino il vostro avversario, deve potersi riconoscere e che il testo definitivo dell’attuale Costituzione venne approvato dall’Assemblea costituente pressoché all’unanimità (fonte: http://bit.ly/2fFqKp9), della quale facevano parte schieramenti politici diametralmente opposti, segno che la Costituzione deve essere la Casa di tutti (eppure questa riforma ha finito per spaccare nettamente il Paese a metà). A tal proposito, personalmente voto NO anche perché mi trovo perfettamente d’accordo con il “Manifesto dei Valori” del #PD, secondo cui: “La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza che essa non è alla mercé della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e di LIMITAZIONE di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a colpi di maggioranza…“ (fonte: http://bit.ly/2f5bw9A);
– “voto Si perché SOLO in Italia esiste il bicameralismo paritario”, dimenticando che – allo stesso modo – solo in Italia esiste bidè. Embè? Vogliamo eliminarlo solo per questo?
2. – NEL MERITO – SE CAMBIAMENTO DEVE ESSERCI, VORREI CHE FOSSE UN CAMBIAMENTO IN MEGLIO, MA ANCORA nessuno è stato in grado di spiegarmi il vantaggio che si avrebbe nel deturpare una delle costituzioni più belle al mondo e, segnatamente, NESSUNO E’ STATO IN GRADO DI SPIEGARMI:
– DOV’È IL VANTAGGIO nel non eleggere più i senatori e regalare l’immunità a 100 sindaci e consiglieri regionali? (artt. 57 e 68 – Viene ESPRESSAMENTE ABROGATO l’art. 58 che recita “I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto…”).
Peraltro, nei parlamenti i membri, in genere, rappresentano il “popolo sovrano”. Nella #riforma Boschi-Verdini, invece, “Il Senato della Repubblica rappresenta le ISTITUZIONI territoriali” (art. 55). Volutamente si è deciso di stabilire un raccordo diretto solo con le ISTITUZIONI e non con il “popolo sovrano” (comunità locali).
A ciò si aggiunga che i Senatori continueranno ad agire senza vincolo di mandato, rimanendo liberi di operare, anche in contrasto con gli interessi delle realtà territoriali dalle quali provengono e che dovrebbero rappresentare (per approfondimenti sul tema: http://bit.ly/2gdmIoq sub. 6);
– DOV’È IL VANTAGGIO nell’affidare, sostanzialmente, alla SOLA forza di maggioranza il potere di eleggere un organo di garanzia super partes come il Presidente della Repubblica e di approvare il regolamento delle opposizioni che, appunto, individuerà anche i limiti delle minoranze? (art. 83 e art. 64);
– DOV’È IL VANTAGGIO nel far eleggere un altro organo di garanzia come i giudici della Corte Costituzionale, in parte alla SOLA forza di maggioranza della Camera, in parte a senatori NON eletti da nessuno (rectius “nominati”) ed in parte al Presidente della Repubblica, espressione della sola maggioranza? (art. 135);
– DOV’È IL VANTAGGIO nell’impedire agli enti locali di far sentire la propria voce su scelte ritenute strategiche a livello nazionale (es. TAV, ponte sullo stretto, pozzi petroliferi), ma che hanno un forte impatto proprio sulla vita delle comunità locali? (c.d. “clausola di supremazia” – art. 117);
– DOV’È IL VANTAGGIO nel triplicare il numero delle firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare: (da 50 mila a 150 mila)? Questa amara pillola viene addolcita con la generica previsione di una discussione in tempi certi “nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari” (art. 71), regolamenti che, però, devono essere ancora scritti, quindi non si sa a quanto corrispondono i presunti tempi certi (se a un mese, ad un anno o a due anni). Ovviamente, la sua discussione non è garanzia di approvazione;
– DOV’È IL VANTAGGIO nell’impedire alle Regioni a statuto speciale di avere i propri rappresentanti in Senato? Mi si dirà che si tratta di una questione meramente interpretativa e superabile dalla Corte Costituzionale o con una successiva modifica degli statuti, ma questo la dice lunga su come la riforma sia stata scritta in modo superficiale ed approssimativo (per approfondimenti sul tema: http://huff.to/2fFEj9p);
– DOV’È IL VANTAGGIO nel prevedere, al nuovo art. 70, un elevato numero di differenti iter legislativi ed una ridefinizione delle competenze di Camera e Senato che appare difficilmente comprensibile, i quali, pertanto, sono destinati a dar vita ad una serie infinita di COSTOSI ricorsi dinanzi alla Consulta per la risoluzione dei conseguenti conflitti di attribuzione?
Le difficoltà interpretative discendono dal fatto che tale norma passa da 9 a 483 parole, con ben 13 rinvii ad altre norme. Se la stella polare seguita dai padri costituenti Boschi-Verdini era la semplificazione, siamo al paradosso di avere un Costituzione più complicata e difficilmente interpretabile, sia dai giuristi che dai comuni cittadini;
– DOV’È IL VANTAGGIO nel rimuovere dal dettato costituzionale l’espressa previsione di una “tutela dell’ambiente”? (vedi art. 117, lett. s). “La nuova formulazione di questa norma non sembra del tutto innocua perché se da un lato inserisce i beni paesaggistici nell’ambito della competenza statale di tutela, dall’altro sposta ambiente ed ecosistema fuori dall’ambito di TUTELA e li indica solo come materie di competenza statale. La differenza non è di poco conto perché compito dello Stato sembra non essere più la “tutela” dell’ambiente ma semplicemente la sua gestione” (per approfondimenti sul tema: http://bit.ly/2gebY9w):
– DOV’È IL VANTAGGIO nell’imporre un voto SI o NO, prendere o lasciare, su una riforma di 47 articoli in blocco, escludendo la possibilità di farci votare su singoli aspetti che, seppur marginali come l’abolizione del CNEL, avrebbero incontrato il favore di tutti? Si è voluto fare un’evidente operazione di forza.
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3. – SEMPRE NEL MERITO RISPETTO ALLE INCONSISTENTI TESI DEL SI:
– per giustificare la compressione del diritto di voto (vedi Senato non più elettivo), i sostenitori del SI confidano in alcune proposte di legge (fonte: http://bit.ly/2f1GweB) che vorrebbero concedere ai cittadini l’opportunità di indicare, al momento del voto per le regionali, i nomi dei candidati da mandare al Senato. Il fronte del SI confida, quindi, che presto gli verrà restituito – con una legge ordinaria – il diritto di scegliere i senatori che invece gli è stato tolto per via costituzionale (abrogazione art. 58).
In sostanza si dice: “Ok, mi stanno amputando un braccio, ma glielo lascio fare perché mi hanno PROMESSO che un giorno mi regaleranno una protesi”. Peraltro, senza sapere quando, come, se e in che misura questa protesi funzionerà. #stiamosereni
Infine, se nella riforma costituzionale è previsto che i senatori siano nominati dai consigli regionali, qualsiasi legge elettorale ordinaria che tenti di aggirare surrettiziamente questo principio sarebbe a forte rischio di incostituzionalità;
– abbiamo visto come nella riforma Boschi-Verdini il nuovo Senato non sarà più eletto direttamente dai cittadini, eppure questo ramo del Parlamento composto da nominati avrà competenza – tra le altre cose – “per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea” (art. 70). Ci siamo sempre lamentati che questa Europa non funziona in quanto i suoi vertici istituzionali non rispondono a criteri democratici, eppure con questa riforma si è deciso di consegnare le sorti dei nostri rapporti con l’Europa ad un organo (il nuovo Senato) che non avrà più l’investitura diretta dei cittadini;
– viene spesso utilizzato l’argomento POPULISTA della riduzione dei costi della #politica, ma allora mi chiedo perché i promotori della riforma abbiano bocciato – di fatto – la proposta del #m5s di tagliare le indennità dei parlamentari, etichettandola come una proposta POPULISTA. Il classico populismo a giorni alterni.
Tale argomento POPULISTA, comunque, vede un risparmio stimato dalla Ragioneria dello Stato (nota del 28/10/2014), in circa 57 milioni di Euro, pari al costo di un caffè all’anno (0,90 €) per ciascun cittadino (fonte: http://bit.ly/1WG8Vpp) e viene utilizzato come merce di scambio per una sostanziale compressione del diritto di voto (vedi Senato non più elettivo). Peraltro, questo esiguo risparmio non è nulla se paragonato al costo di un solo referendum (l’ultima consultazione referendaria ci è costata circa 300 milioni di Euro – fonte: http://bit.ly/20qi82r);
– “per i sostenitori del sì, l’approvazione dei testi legislativi sarebbe ritardata dalla staffetta” o dal ping-pong “fra i due rami del Parlamento”. Ma i sostenitori del SI non sanno (o volutamente non dicono) che “finora solo il 20 per cento dei provvedimenti ha richiesto più di due letture. E se si considerano quelli del governo la percentuale scende ulteriormente” (fonte: http://bit.ly/2fht8zx).
Peraltro, “troppo spesso si associa in automatico alla lunghezza dell’iter un’accezione negativa, ma la velocità di discussione non necessariamente equivale a un lavoro migliore o più efficiente. Ed è già accaduto varie volte che il bicameralismo paritario abbia salvato il governo da errori contenuti nelle leggi” (cit. espresso.repubblica.it).
A tal proposito, si omette anche di dire che il Governo dispone già di tutti gli strumenti (decreti legge) per approvare rapidamente norme aventi immediata forza di legge e per far fronte a questioni di necessità e di urgenza (art. 77 Cost.). In altre parole, il nostro sistema già prevede la possibilità un iter legislativo rapido, quando necessario.
Da ultimo, spiace vedere che i sostenitori del SI non considerino affatto l’ipotesi che la presunta lentezza dell’iter legislativo dipende da altri fattori e, precisamente, dal fatto che i parlamentari lavorano di media solo 2,5 giorni a settimana, dal martedì al giovedì (fonte: http://bit.ly/1POSvH8) e che se una norma non viene rapidamente approvata è solo perché non la si vuole approvare.
La legge Fornero, il Lodo Alfano e il “Salvabanche”, ad esempio, furono approvati in meno di venti giorni! Ricordiamocelo quando ci vengono a parlare di velocità (vedi espresso.repubblica.it, con richiamo ad esempi di altre norme approvate in pochi giorni: http://bit.ly/2g54TEA);
– si parla della necessità di superare il bicameralismo paritario e la relativa navetta al fine di facilitare l’approvazione di nuove leggi, ma si omette di dire che:
a) “ogni giorno in Italia vengono scritte 21 pagine di nuove leggi” (fonte: http://bit.ly/2g4SuQX);
b) si stima che in Italia ci siano tra le 150.000 e le 200.000 leggi, a fronte di altri Paesi che ne hanno un numero di gran lunga inferiore (Regno Unito 3.000, Germania 5.500 e Francia 7.000 leggi);
c) solo QUEST’ANNO, in Italia sono state approvate ben 271 nuove leggi (fino alla data in cui scrivo 19/11/2016 – fonte: gazzetta ufficiale);
per cui, la verità è che nel nostro Paese abbiamo piuttosto un problema di eccesso di produzione legislativa, con norme lacunose, incostituzionali o a rischio di incostituzionalità, spesso in contraddizione tra loro.
E un eccesso di produzione legislativa si traduce in maggiore burocrazia, altro che semplificazione!
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Qui il raffronto tra vecchio e nuovo testo: http://bit.ly/2du33ki
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Chiudo con un paio di considerazioni finali:
A. – Questa riforma nasce dall’idea – molto diffusa – che la nostra Costituzione antifascista sia d’impaccio al sistema finanziario. A tal proposito si ricorda un documento di JP Morgan del 28/5/2013 dal titolo “Aggiustamenti nell’area Euro” (fonte: http://bit.ly/2dj4Btw), dove è dato leggere: «I problemi economici dell’Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo». Inoltre, «I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, TUTELE COSTITUZIONALI DEI DIRITTI DEI LAVORATORI, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, IL DIRITTO DI PROTESTARE SE I CAMBIAMENTI SONO SGRADITI» (qui il testo integrale di JP Morgan in lingua originale: http://bit.ly/2ed61XL).
B. – La riforma è stata approvata da un Parlamento composto da deputati e senatori eletti con una legge elettorale dichiarata incostituzionale e vede tra i suoi principali promotori un certo Denis Verdini, già condannato per reati contro la P.A. ed imputato nel processo sulla P3, una “associazione che puntava tra l’altro ad influenzare e condizionare gli organi COSTITUZIONALI, tra cui la stessa Consulta” (fonte: http://bit.ly/2eYYhYg).
Fidarsi di questo padre costituente è un po’ come raccomandare le pecore al lupo.
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Nonostante questo e nonostante i sondaggi, al prossimo Referendum Costituzionale vincerà il SI.
#BastaUnSI ed il 5 dicembre ci sveglieremo in un Paese peggiore.
Cordialmente,
Avv. R.G.
#IoDicoNO #IoVotoNO