Agende di verità
Ci sono simboli che non smettono di interrogare la coscienza civile. Uno di questi è l’agenda rossa di Paolo Borsellino, scomparsa dopo l’attentato di via D’Amelio. In quelle pagine c’erano appunti, riflessioni, forse prove decisive: un patrimonio di verità che avrebbe potuto scardinare rapporti indicibili tra mafia, politica e apparati dello Stato. La sua sparizione è diventata il segno tangibile di una giustizia mutilata.
Oggi, a distanza di oltre trent’anni, un’altra “agenda rossa” è stata scritta. Non è un taccuino personale, ma un rapporto ufficiale delle Nazioni Unite: quello della Relatrice Speciale Francesca Albanese, intitolato “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”. Un documento che, con il linguaggio severo del diritto internazionale, fotografa il passaggio dall’oppressione sistematica al genocidio del popolo palestinese.
C’è un filo che lega le due storie: sia Borsellino che Albanese sono figure del diritto. Entrambi hanno creduto che il diritto possa e debba essere scudo dei deboli contro gli abusi dei potenti. Ma quando si scontra con autarchie politiche, apparati deviati o interessi globali, il suo valore sembra dissolversi. Allora, come oggi, la legge rischia di diventare un simulacro: proclamata ma non applicata, invocata ma svuotata.
Nel 1992 l’agenda rossa venne sottratta fisicamente: la verità che conteneva era troppo pericolosa. Oggi, invece, il rapporto di Francesca Albanese non può sparire: è depositato negli archivi ONU, pubblico, accessibile. Ma il tentativo di neutralizzarlo avviene con altre armi: silenzio mediatico, delegittimazione personale, campagne diffamatorie. Non più la sottrazione materiale, bensì l’occultamento attraverso l’indifferenza.
Eppure la posta in gioco è la stessa: impedire che una verità scomoda incrini equilibri consolidati. Allora erano i rapporti inconfessabili tra Stato e mafia. Oggi sono le connivenze internazionali, gli interessi economici e militari che alimentano l’occupazione e il massacro di un popolo.
Ma non tutto è silenzio. C’è chi sceglie di non distogliere lo sguardo, di non restare inerme. Così come nel nostro Paese c’è stato chi ha difeso la memoria di Borsellino, oggi ci sono cittadini che, sfidando muri e mari, si mettono in cammino o in navigazione per rompere l’assedio dell’indifferenza. La Freedom Flotilla Coalition, che in questi giorni tenta di portare aiuti umanitari a Gaza, è il simbolo concreto di questa volontà: persone comuni che, davanti alla paralisi delle istituzioni, provano a trasformare la coscienza in azione.
E allora il punto è questo: l’agenda rossa non è sparita, è lì, davanti a noi. La responsabilità è nostra: leggerla, farla vivere, non lasciare che il diritto venga ridotto a carta senza forza. Perché un’agenda sottratta è una tragedia. Ma un’agenda ignorata, lasciata a marcire sotto la polvere del silenzio, è una colpa collettiva.
Questa volta l’agenda rossa non è sparita. E se ci sono cittadini pronti a salpare per affermare il diritto negato, allora significa che la coscienza può ancora diventare resistenza. Sta a noi decidere se restare spettatori o unirci a quel vento.
Carlo Pellicano