Rivoluzione digitale, intelligenza artificiale e società delle mangrovie

Se provassimo a fare un calcolo delle ore in cui i nostri studenti, nell’ arco della giornata, sono online o offline, sono sicura che oltre ad avere difficoltà a scindere le due cose, saremmo sorpresi da numeri e percentuali.

Infatti, la pervasività del web sta contagiando ogni aspetto della vita contemporanea tanto da produrre una diversa relazione con i mezzi informatici, ma anche con il semplice cellulare, percepito sempre più come un’estensione del proprio corpo.

È una vera e propria rivoluzione antropologica, quella a cui stiamo assistendo.

Infatti il digitale ha prodotto una nuova dimensione esistenziale, che ha cambiato il modo di percepire la società e soprattutto il modo di fruire della “cultura”, nonché di “produrla”.

L’intelligenza artificiale, sempre più brava ad “imitare” quella umana, rende alquanto difficile districarsi tra realtà e virtuale, vero e fake.

Inoltre, la nostra vita quotidiana è ormai così caratterizzata proprio da questa continua ibridazione tra reale e virtuale, tanto che viene definita dal filosofo italiano Luciano Floridi “Onlife“.

Con questo neologismo che gioca sui termini online, cioè in linea e life, cioè vita, si vuole identificare quindi, la condizione tipica di chi vive contemporaneamente online e offline in una interazione così continua tra le due sfere che non è più possibile distinguere l’una dall’altra.

Basti pensare che ormai tutte le relazioni sono allo stesso tempo a distanza e in prossimità. E questo riguarda ormai ogni aspetto della nostra esistenza. Infatti è possibile interagire attraverso piattaforme digitali, e partecipare alla vita sociale in generale, senza neppure muoversi di casa; addirittura la politica è veicolata attraverso i social. Facciamo tutto on line, facciamo shopping, intratteniamo relazioni amicali che ormai avvengono sistematicamente ed a volte esclusivamente online, lo stesso Smart working è equiparato al lavoro in presenza e le community sono a tutti gli effetti veri e propri gruppi di appartenenza.

Io come docente, sono sinceramente preoccupata da tutto ciò.

Floridi spiega questo fenomeno con la metafora delle mangrovie, piante tropicali che crescono dove il fiume incontra il mare. Lì l’acqua è sia dolce sia salata (salmastra). Non si può dire se le piante siano in un ecosistema o nell’altro, ma ad entrambi. Lo stesso per la società contemporanea.

Alla domanda: “Sei online o offline?”, la risposta è sempre più “onlife”, ovvero entrambi.

Mi chiedo: sarebbero i nostri studenti in grado di “sopravvivere” fuori dall’ acqua salmastra? O questa società delle mangrovie è destinata a diventare sempre più infestante?

Ma soprattutto, e questo è l’interrogativo più inquietante: i nostri giovani, appagati da una “realtà finta”, ma ai loro occhi migliore, sapranno più godere davvero della vita reale?

Non tocca forse a noi docenti aiutare i ragazzi a discernere il vero dal falso?

In conclusione, forse non serve vietare l’utilizzo del cellulare in classe, così come in tanti dicono, ma un’educazione ad un suo uso responsabile, si!

Francese Iva

Docente preoccupata