Milano ai tempi del coronavirus

Tutti noi ci siamo chiesti se fossimo stati pronti a fronteggiare il coronavirus, non tanto per l’emergenza di contenimento, quanto per la paura del contagio. Così tutta Milano si sveglia durante i giorni delle comunicazioni istituzionali, degli aggiornamenti della protezione civile, della psicosi: armata di mascherina in volto e dotata di non poche contraddizioni. C’è chi sostiene che la città sia deserta già dalle prime ore del mattino, al contrario alcuni abitudinari non hanno ceduto alla tentazione dell’auto-quarantena.

Tra questi ci sono le “sciure“, ferme lì, nella tarda mattinata ad aspettare il tram: la mascherina rigorosamente di carta abbandona il volto per essere riposta sulla gola, nella trepidante attesa di ritornare a baciare il viso delle attempate signore dopo una nervosa pausa sigaretta: a questo punto sorgono dubbi sulla vera funzionalità del dispositivo di protezione. Probabilmente è solo una questione estetica.

Tra i giovani fuori dal metrò c’è chi ancora si infuria mentre cerca un momento di serena complicità con il proprio partner vedendosi poi chiudere davanti la porta della psicosi. È la prova che siamo ancora umani.

Ai lati delle stazioni anche le mendicanti vestono le mascherine nell’ossimorico quadretto che le pone a contrasto con le persone che attendono all’entrata dei gate di Centrale di imbarcarsi in business class: il paradosso in questi giorni è che adesso c’è un fil rouge che le accomuna.