Malta, qui non è più un paradiso per gli italiani
Da quando è iniziata la crisi economica nel nostro Paese, l’emorragia di emigranti italiani verso l’estero non ha avuto sosta.
Come un fiume in piena, intere masse di giovani più o meno qualificati lasciano le loro case, le loro famiglie, il loro territorio per sopravvivere, per mantenere una propria dignità che può derivare solo dal lavoro.
Intendiamoci, non è semplice lasciare il proprio paese affrontando un salto nel buio, ma è sempre meglio dell’immobilità, dell’inerzia inquieta che affanna chi cerca lavoro e si trova davanti solo porte chiuse.
E’ questo che l’Italia sta perdendo, la freschezza e l’entusiasmo dei giovani. Come si potrà mai costruire un Paese diverso, migliore se non si inverte questo fenomeno? Come si può creare un’economia giovane e dinamica in una Nazione di vecchi?
La scelta del paese in cui emigrare spazia dal nord Europa, a Londra, ai posti più soleggiati del sud, come la costa meridionale di Francia e Spagna o come l’isola di Malta.
Frequentando i blog di italiani a Malta ci si accorge di un fenomeno curioso: chi sbarca in questa piccola isola è convinto di essere giunto in una sorta di paradiso e ha in alcuni casi aspettative molto alte.
Spesso si parte dall’Italia con la certezza di trovare velocemente un lavoro sicuro e ben pagato, ma nella maggior parte dei casi ciò non è altro che una chimera. Dai commenti di certi utenti traspare l’amarezza di chi si sia svegliato di colpo da un sogno scontrandosi con la realtà e non manca chi, per coprire una sorta di desiderio di vendetta, ostenti sprezzantemente una presunta superiorità culturale o nazionale rispetto alla società maltese.
Da dove derivano i problemi degli italiani a Malta?
In molti casi dagli italiani stessi.
Nel corso degli anni moltissime aziende italiane hanno sfruttato il mercato in crescita di Malta, usufruendo di una tassazione molto bassa a fronte di stipendi medio-bassi, correlati a un basso costo della vita.
Quando si lavora per un’azienda maltese le cose sono molto semplici: spesso si lavora molte ore, spesso lo stipendio è molto basso ma sufficiente per vivere decorosamente, molto spesso il contratto è a tempo indeterminato con una possibilità di crescita lavorativa, si può aprire un conto corrente, si pagano le tasse, si gode di tutti i servizi pubblici come sanità ed educazione gratuite.
Ma che succede spesso quando si lavora a Malta per un’azienda italiana?
Per dirla in poche parole: lavoro nero.
Lo stipendio rimane basso, non si gode della copertura assicurativa, non si pagano le tasse, non si può richiedere la carta di residenza, non si può aprire un conto corrente, non si può nemmeno acquistare un’auto, insomma non si esiste.
Questo modo di fare business che in Italia è la prassi, mentre all’estero è l’eccezione, è il prodotto made in Italy che stiamo esportando di più, assieme alla noncuranza delle regole e all’arroganza di chi si arricchisce sulle spalle altrui.
Ma la cosa peggiore è proprio la non-esistenza, non esistere dal punto di vista giuridico, non potersi inserire nella società dalla quale si è ospitati, paradossalmente costretti a vivere nella clandestinità all’interno di uno Stato membro dell’Unione Europea.
C’è stato un tempo in cui mi sentivo fiero di essere italiano.
Già, tanto tempo fa.
Andrea Castello