Nudo come un verme (in spiaggia)

Pressato da mia figlia, ho rinunciato, seppur controvoglia, alla pomeridiana partita del mondiale, con birra e condizionatore annessi, per accompagnarla al mare. Nella marea di corpi nudi, i tatuaggi si sprecavano. Erano rari coloro la cui pelle ne era esente. Ve ne erano di tutte le tipologie, colori ed estensioni: da quelli indecifrabili a quelli spaventosi, da quelli in bianco e nero a quelli a colori, da quelli poco appariscenti ai veri e propri murali.
La spiaggia era una marea di tele umane ricoperte dai più disparati tratteggi.
Un ragazzo dal volto angelico ne aveva uno enorme a forma di teschio impresso sulla schiena, che pareva uno di quei cartelli appiccicati sulla porta delle cabine elettriche in segno di pericolo. Un altro aveva il nome del suo amore stampato sul petto; peccato che non corrispondesse con quello della ragazza che lo accompagnava.
Persino una donna, a dir poco in sovrappeso e di una certa età, ne aveva di svariati, sparsi su tutto il corpo, che a ricoprirlo tutto rischierebbe il dissesto economico.
Non vi dico poi le farfalline alla Belen. Si sprecavano a tal punto che ho pregato il Cielo che fossero un sintomo di emulazione fine a sé stessa e niente di più.
Mentre raccoglievo tutto per scappare a casa e vedere la partita delle 20, mi sono accorto di una bella donna che mi squadrava da capo a piedi. Il suo sguardo mi avrebbe lusingato non poco, se non fosse stato di biasimo per la mia pelle completamente immacolata. Cosa vi devo dire? Mi ha fatto sentire nudo come un verme.