Cannabis: qui sfuma tutto

La soluzione attuata dalla Camera dei deputati di rinviare a settembre la decisione riguardante il ddl di Benedetto Della Vedova , che prevede la legalizzazione della cannabis a scopo ricreativo concedendo la libertà di coltivazione e di consumo (http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/legalizzazione-la-legge-punto-per-punto/ ), sembra assegnare – nuovamente – la vittoria all’immobilismo in cui la nostra politica naviga da diversi decenni. Questa notizia ha infuso in me quella sensazione che somiglia alle vane promesse che facciamo a noi stessi. Pensate alla dieta. “Da domani mi metterò a dieta” a molti di noi è successo, almeno una volta nella vita, di pronunciarlo o pensarlo, finendo poi con l’accantonare l’idea non appena il domani diventa l’ adesso. La risposta di due giorni fa, proveniente dalla Camera, ha un po’ questo sapore. Ha il sapore di un “questo lo faccio domani” che nel maggiore dei casi finisce nel dimenticatoio delle nostre cose da fare, che nel caso del decreto legge potrebbe archiviarsi con una sonora bocciatura. Al di là di questo esempio, riuscito o meno, ad oggi si ha la consapevolezza di rischiare seriamente di buttar via un’ occasione d’oro per poter controllare da vicino un fenomeno mondiale.

Anche perché, utilizzando le parole di Roberto Saviano: “Legalizzare non significa invitare al consumo, al contrario, legalizzare significa regolamentare e sottrarre all’illegalità” Significa: sottrarre un incredibile fonte di ricchezza alle organizzazioni criminali; danneggiare lo Stato Islamico che con il narcotraffico si rinforza quotidianamente; diminuirne nettamente il consumo monitorandone il flusso. Già queste motivazioni dovrebbero far riflettere sulla valenza della proposta di legge.

Lo slittamento a settembre porta con sé previsioni pessimiste. Sembrerebbe l’ennesima dimostrazione di un’Italia che preferisce il silenzio e la stasi a manovre e soluzioni innovative. I banchi vuoti dell’aula di Montecitorio sono lo specchio di un Paese che non si trova mai – volente o nolente – nel posto giusto al momento giusto. Basti pensare a qualche mese fa, al referendum sulle trivelle, quando era la volta di noi cittadini: cabine elettorali vuote; astensionismo. Quando sembra che finalmente si stia per muovere qualcosa, quel qualcosa evapora. Rimane soltanto lo spettro della rassegnazione che aleggia sopra le teste di giovani che, come me, credono in un futuro migliore ma che, oramai, sentono troppo spesso la parola futuro accompagnata da altre come chimera, utopia o sogno, correndo il rischio di incappare in quella scusa universale che ci induce a pensare: “le cose stanno così e non esistono possibilità che vadano altrimenti”; “Questa è la normalità”.

La scarsa fiducia nei nostri deputati continua ad allargarsi a macchia d’olio sui corpi dei cittadini, ricevendo un ulteriore aiuto da episodi come questo. Ma da buon venticinquenne quale sono, mi attacco ai sogni e… alla speranza (del cambiamento sociale), che dicono sia sempre l’ultima a morire.