Fuori dai Mondiali. ‘Nazionale’ deriva da ‘Nazione’. E il calcio (quasi) non c’entra

La “nazionale”? Deriva da “Nazione” e il calcio quasi non c’entra. Uno Stato dignitoso, efficiente, retto da persone intelligenti, tanto più si tratta della 7a potenza industriale mondiale (5a l’altro ieri), non fa figuracce simili, anche se i suoi sport nazionali fossero football americano e rugby, come è accaduto per gli Stati Uniti che storicamente digiuni di calcio, per puro senso dello Stato e della Nazione, insomma per dignità, hanno messo in piedi in pochi anni una Nazionale calcistica discreta se non media.

Ma, si sa, i cretini ignoranti e disorganizzati, ma “amici degli amici” come si usa in Italia anche tra comuni cittadini (gli stessi magari che poi protestano contro il Governo…), chiamano a dirigere i vari settori persone simili a loro, vicine a loro. Io ti do una cosa, tu me ne dai un’altra. E nel sordido machiavellismo “de noantri” anche il calcio fa parte della crisi della società, dello squallore dei nuovi Italiani e della Politica, che – sia chiaro – non è peggiore di loro ma anzi li rappresenta perfettamente. Perciò, questi e altri dirigenti della Cosa Pubblica, dal calcio alla televisione, dalla scuola alla conservazione dei beni naturali e artistici, e chissà quanti altri nomi di ieri, oggi e domani, non solo degli alieni caduti da Marte, ma “sono” l’Italia di oggi: tipici personaggi della provincia furbetta italiana, buoni a nulla ma con gli amici giusti, e quindi capaci di tutto.

E invece, tutto è collegato. Perché l’intelligenza è una e pervade tutto, quando c’è o non c’è, nel bene o nel male. Non si può essere intelligenti in un campo e scemi in un altro. Noi che deriviamo come nipoti degeneri dagli antichi Romani (quanto diversi da noi molli e corrotti cattolici pronti al perdono), sappiamo che anche per il calcio ci vogliono le doti virili e dignitose che, una volta caduti i Romani, hanno fatto forti, liberi e vincenti i Paesi del Nord e li hanno fatti emergere sui Paesi meridionali fondati sulle Mafie degli Amici: perfezionismo, efficienza, laicità. Insomma, intelligenza, rispetto solo per il merito, nessuna concessione a cordate di potere o amicizie, molta organizzazione e perfino cultura, se non altro storica-psicologica.

Non solo per l’immagine internazionale, ma perché oggi le sanguinose guerre d’un tempo tra Europei sono state sostituite dall’economia e dal calcio, dove si scaricano – fateci caso – rivalità e violenza, di individui o di Stati. Una partita internazionale è sociologicamente e psicologicamente nient’altro che una guerra, sia pure stilizzata, con altri mezzi. C’è meno sangue (be’, dipende dagli ultras), ma non è meno aggressiva. Del resto, la durezza intimidatoria sul campo di gioco (gioco? ah-ah-ah!) di Svedesi o Tedeschi è pari a quella che le loro tribù barbariche mostravano quando scendevano nella molle e cattolica Italia medievale, a razziare ori e opere d’arte.

Ecco perché ora che le Guerre tra noi Europei non ci sono più, e perfino quelle tra Est e Ovest, tra Nord e Sud, sono più rare, i Mondiali di Calcio sono diventati confronti altamente simbolici del prestigio nazionale, come una Expo internazionale, una parata virtuale in immagini non delle squadre nazionali ma delle intere Nazioni, insomma una parafrasi e metafora scoperta delle rispettive “potenze di fuoco” da ostentare “a scopo di prestigio” (si dice), in realtà a scopo deterrente, intimidatorio. Anche questa è Politica Internazionale, esibizione di Grandeur.

Però, c’è un “però”: ci sono gli Italianuzzi. Che riducono tutto a operetta, anzi a commedia che poi diventa tragedia. I dirigenti o politicanti cretinetti eletti da noi Cretinetti (il nome sostantivato dei popoli va per rispetto in maiuscolo…) queste cose non le capiscono, non hanno la logica elementare. Danno importanza per via del business solo ai Club, alle squadre di calcio, mentre considerano pochissimo, quando non boicottano, la squadra Nazionale di soli Italiani. Così imbottiscono tutte le squadre del campionato italiano di calciatori stranieri (ormai ci sono squadre che mandano in campo solo un calciatore italiano o perfino nessuno), in vista del calcio-spettacolo di “fenomeni” preteso dalla plebe come al Circo dell’antica Roma. Poi fanno finta di cadere dalle nuvole e osano lamentarsi del “vivaio inesistente”, della “scarsità delle vocazioni”, visto che il Paese non offre nuovi calciatori e non si riesce a mettere insieme una Nazionale con almeno 22 giocatori tenaci, bravissimi non solo nel dribbling, ma anche a fare cross precisi, continui allunghi aerei in area avversaria, o a tirare calci d’angolo precisi o rigori centrati, in un Paese di oltre 50 milioni di abitanti.

Ma, come ho detto, il problema è sempre lo stesso: etico-politico e culturale. E se i meschini rag. Rossi di Lambrate o geom. Russo di Isernia non cambiano mentalità, se continuano a raccomandare, ad aggirare le norme, e a non educare severamente alla cultura e al senso critico i figli, non solo la Politica e l’Economia in questo Paese distrutto dalla Democrazia di Massa e dalla Televisione, ma perfino il finto gioco del calcio, in realtà spettacolo e business, come ogni altra bandiera della dignità di una Nazione, ci daranno solo sconfitte.

Contributo gentilmente concesso da Nico Valerio