Italia, questo non è un Paese per restauratori

“Confessiamolo pure, è un’impresa ardua e dolorosa, cavar fuori la vecchia Roma dalla nuova; ma si deve fare e sperare in una soddisfazione finale inapprezzabile. Si incontrano da per tutto tracce di una magnificenza e di uno sfacelo che sorpassano ogni nostra immaginazione. Quello che hanno lasciato i barbari è stato devastato dagli architetti della nuova Roma.”
Questo è ciò che scriveva Goethe nel suo libro “Viaggio in Italia”, era l’anno 1786.
Roma è cambiata notevolmente nel corso dei secoli, ma questo rapporto tra magnificenza e sfacelo continua ad essere il filo conduttore della città e dell’Italia intera nella storia.
Forse è per questo motivo che nel nostro Paese la disciplina del restauro si è sviluppata più che in altri posti divenendo una punta di eccellenza riconosciuta in tutto il mondo.
Ma chi sono i restauratori italiani, quanti sono e qual è la loro condizione?
Alcuni anni fa gli operatori addetti al restauro erano oltre 20.000, tutto sommato non troppi considerando l’immenso patrimonio storico – artistico italiano. Di questi 20.000 però, solo pochi possono dirsi restauratori, tutti gli altri a vario titolo rientrano nella categoria “Edili e affini” o “Artigiani”.
La differenza non è solo lessicale visto che solo i restauratori possono accedere ai bandi di concorso pubblici.
Premesso questo la situazione di chi lavora come restauratore, ma non ha il titolo di restauratore è sconcertante: la paga media si aggira tra i 1.000 e i 1.200 euro mensili, molto bassa se si pensa alla responsabilità di metter mano a capolavori inestimabili, oltre a questo il lavoro è estremamente precario, infatti la maggior parte dei contratti (tranne per i pochi fortunati che godono di un posto fisso) ha una durata di circa sei mesi, in concomitanza con la stagione estiva più adatta a lavori all’esterno.
Insomma, si guadagna poco e se si è fortunati si lavora solo per pochi mesi l’anno, poi tutti a casa.
Oltre al danno la beffa.
A complicare la già precaria situazione di quest’eccellenza italiana ci si mette il Ministero dei Beni Culturali, che ogni 5 – 6 anni indice un bando per l’acquisizione della qualifica di restauratore, salvo poi ritenerlo nullo per problemi burocratici.
L’ultimo di questi bandi – burla arriverà alla fine dei lavori il 29 Febbraio 2016, decretando chi avrà la qualifica necessaria per lavorare alla conservazione dei beni culturali.
Cosa c’è che non và in questo bando?
C’è che è in conflitto con un altro bando ministeriale.
Il Ministro Franceschini ha infatti indetto un concorso statale per l’assunzione a tempo indeterminato di 80 restauratori, inizio delle prove selettive il 26 Luglio 2016.
Ma come si può iniziare la selezione di un concorso 7 mesi prima di sapere chi può parteciparvi?
C’è da scommettere che migliaia di ricorsi verranno presentati dai partecipanti e molto probabilmente anche questi concorsi cadranno nel nulla.
Come conseguenza di questa politica migliaia di giovani altamente specializzati sono costretti a volare all’estero o a cercarsi un altro lavoro, con uno sperpero di fondi europei e regionali che finanziano i corsi di studio.
Ma a ben vedere chi ci rimette di più è la nostra arte, la nostra storia.
Magnificenza e sfacelo.

Andrea Castello

photo credits : http://www.restauratorisenzafrontiere.com/